Sigarette e solitudine
Circa un anno fa, nel reparto in cui lavoro, ho conosciuto il sig. S., paziente quarantenne operato alla testa, con deficit motorio con necessità di riabilitazione, seguito da alcuni anni dall’SPDC.
Fin da subito è emersa la sua dipendenza dalla nicotina, tanto che l’obiettivo principale della sua giornata era quello di fumare.
Nel suo delirio c’era anche professionalità: elaborava escamotage di una certa originalità per procurarsi le sigarette.
La tecnica più usata era quella di nascondere le proprie, dicendo di averle già fumate con l’obiettivo di riceverne ancora.
Le sue frasi tipiche rivolte ai visitatori degli altri ospiti erano: “Mi potresti comprare un pacchetto di sigarette?” oppure “Mi potresti dare una sigaretta? Le ho appena finite!”.
Dato il suo “mestiere”, spesso otteneva il risultato voluto, tanto che poteva essere considerato nel suo campo un artista.
Il sig. S. non aveva nessun interesse, né per l’abbigliamento, né per il cibo, tantomeno nel relazionarsi con gli altri.
La sua serenità appariva solamente durante il riposo e nell’attimo in cui, appunto, fumava.
Tutti gli altri momenti erano solo orientati alla ricerca delle sigarette.
Non conosco l’origine dei problemi che erano alla base del suo carattere e della sua condizione, ma da quanto ho potuto comprendere, il sig. S. non aveva più alcun parente ormai da molti anni. Tale situazione di solitudine ha sicuramente contribuito al suo distacco dalla vita normale e nel cercare rifugio nella sua dipendenza.