Ho smesso di fumare tanti anni fa. Separarsi da un’amante.
Ogni sincero “esperto” sa che non esiste al mondo un intervento certo a cui il paziente possa affidare la separazione dalle sigarette; molta parte è invece affidata alle risorse del paziente stesso. In generale questo vale sempre e soprattutto nei fatti comportamentali dove l’atto decisionale o il libero arbitro, alla fine, sono nelle mani del paziente. Perché in ogni momento in realtà lui decide, possiede sempre uno spiraglio di autonomia decisionale anche se le sue volontà sono sopraffatte dalla smisurata forza delle sigarette e alla fine fuma. Così nel paziente la permanenza di una residuale contrapposizione alla ferocia dell’abitudine nel tempo si affievolisce e sosta una specie di paludoso desiderio di riavere una ragione di uguale potenza, valida, forte, tra i mille pensieri.
Purtroppo vi è anche il fatto che nelle dipendenze il denaro speso e la salute persa hanno poco peso, altrimenti avremo visto scomparire ogni sorta di insana abitudine alla prima tosse o per i progressivi aumenti dell’oggetto desiderato.
Rimandare è l’azione più frequente.
Io ho smesso, permettetemi di dire, su due piedi, tutto d’un tratto. Da solo. Il 7 luglio di un anno che non ricordo perfettamente quale fosse, credo il 1997, più o meno vent’anni fa. Salii in macchina per fare un lungo viaggio da solo e non iniziai a fumare. Spiegherò più avanti il senso del grassetto.
Questo modo personale di risoluzione del caso, è assolutamente contemplato nelle dipendenze e in particolare nel fumo di sigarette. È molto complicato capire profondamente perché accada con maggiore frequenza con questo tipo di dipendenza ma posso tentare di ipotizzare.
La dipendenza da nicotina ha “qualità” differenti dalle altre. In particolare non modifica lo stato emotivo del fumatore. A distanza di tempo noi non ci troviamo di fronte una persona diversa. Questo accade con tutte le altre sostanze ma non con il fumo di sigaretta. Il fumatore non sposa i tratti “emotivi” della malattia ma solo quelli fisici. Quindi rimane lo stesso, con la stessa personalità e lo stesso carattere; anche dopo lungo tempo. Il fumatore non tradisce nessuno perché non diviene differente da prima.
Questo tradimento succede al contrario con l’eroina, la cocaina o l’alcol che inventano un altro uomo, nuovo e sconosciuto. Allora può accadere che il lungo tempo passato con questa amante dia tempo che si sviluppi una specie di coscienza o di stanchezza. Affiorano sempre più spesso dubbi, ragionamenti, idee liberatorie.
Voglia di separazione se pure pare impossibile avviare e tenere la vita di sempre senza il supporto di sempre. Si dice che questo accada nella natural recovery (nella guarigione spontanea, naturale, senza alcun intervento sanitario ), una condizione prodotta dal paziente per motivi propri, singolari e, per meglio dire, come risultato di una sorta di calcolo delle convenienze. Le convenienze “negative” possono perdurare per tutta la vita ma talvolta il disagio economico, sempre per giudizio personale, può divenire così insopportabilmente negativo da innescare una volontà operativa, in questo caso positiva. È difficile purtroppo ricavare da questi numerosi episodi di auto-guarigione regole generali che spieghino passo per passo cosa fare e come comportarsi. L’atto decisione è il risultato di una serie di “somme e sottrazioni”, di carattere esclusivamente personale e quindi non oggettivabile. Il risultato spinge poi verso la scelta di non fumare più o di continuare a fumare. Di fare o di non fare qualsiasi altra cosa. Il procedimento è infatti medesimo per tutto; ci indirizziamo verso un sentiero per puro ragionamento economico, al fine di ottenere uno stato che reputiamo di benessere ovvero per ottenere un guadagno di qualsiasi natura ma un guadagno. L’evidente paradosso è che possiamo considerare guadagno una evidente perdita ma non importa a noi che decidiamo. Noi che decidiamo valutiamo la situazione ancora convenientemente sostenibile o al massimo di perdita temporanea, che prima o poi finirà. Quindi una perdita che apprezziamo ancora.
Allora per smettere di fumare bisogna essere giunti anche ad un vago desiderio di separarsi da questa amante terribile.
Il desiderio è una precondizione indispensabile per avere il minimo vantaggio di pensare. E gli anni passati assieme offrono la possibilità che il desiderio prenda corpo. Continuo a raccontare della mia personale vicenda. Ogni mattina, da tanti anni ormai, mi alzavo “pulito” ma con rapidità travolgente sopraggiungevano tutti i segni di quella maledetta commedia che da lì a poco avrebbe “insudiciato” nuovamente la mia vita. Quindi per primo il caffè. Poi la sigaretta, tachicardia, respiro affrettato. Nervosismo. Sveglio con una certa carica intellettiva. Ansia subitaneamente comparsa e nessuno l’aveva chiamata. Nuovamente la sigaretta. Le sigarette. In verità verso la terza-quarta svampata mi sembrava che mi calmassi un po’ per effetto della stessa nicotina per cui riiniziavo il rito consumatorio sino a tarda sera. Negli ultimi periodi tutto questo era divenuto chiaro ed insopportabilmente evidente.
Lei, la sigaretta, vinceva sempre, perché sembrava partisse prima della mia volontà. Non avevo il tempo di bloccare l’avvio della corsa, tutto avveniva rapidissimamente. Comunque pian piano si strutturava in me il desiderio di abbandonare la gara. Non mi piaceva più. Non mi piacevo più con la sigaretta. Ne ero solo sopraffatto. Quel giorno in cui accade il miracolo di smettere di fumare ebbi la curiosità maligna di trattenermi, di non iniziare la giornata con il rito della sigaretta. Volevo non fare, altrimenti tutto sarebbe stato come sempre. Dispettosamente, irriverentemente non accendevo. E prendevo gusto, mi piaceva oppormi. In sostanza toglievo alla mia tiranna il ruolo di intermediare ogni singolo compito. La potentissima malia che le sigarette hanno è quella di accompagnare l’avvio, il mantenimento e il termine di un qualsiasi compito. Dico di tutte le funzioni che svolgiamo, sino al punto che niente facciamo se non accendiamo prima la sigaretta, se non fumiamo durante lo svolgimento ed infine, al termine dell’impegno, fumiamo per premio. Tutto ricomincia con un nuovo compito o senza fare alcunché perché anche il niente vuole la sua sigaretta. Anzi il vuoto viene riempito benissimo dalle sigarette. E pare impossibile stare senza. Per il fumatore vero la vita, ed ogni suo momento, è sempre con la sigaretta. Tutto parte con la sigaretta. Un delirio.
Quel giorno non iniziai a fumare. Impedii l’avvio; mi dissi che avrei potuto fare dopo ma non l’avvio. Non fumai con premeditazione.
Iniziai a fare le cose senza. Era possibile non fumare e fare. Era possibile non fumare, guidare e non morire. Ero felicissimo. E non ebbi alcuna astinenza. Ero libero.
giuseppe montefrancesco