Lotta al doping, c’è chi combatte nonostante tutto
In riferimento al mio articolo apparso su La Repubblica del 10 giugno 2011 relativo al problema del doping sono stato oggetto di una lettera inviatami dalla Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica (FIPCF). L’articolo in questione riguardava la relazione annuale inviata al Parlamento dal Ministero della Salute in merito alla’attività della commissione per la vigilanza e il controllo sul doping.
Il dato che ho riportato, relativo alla percentuale degli atleti risultati positivi ai controlli antidoping, tocca il 10,9% nella disciplina del sollevamento pesi. La FIPCF ha tenuto a precisare che il dato percentuale, il più alto tra tutti quelli riportati nella relazione, si riferisce soltanto alle discipline amatoriali, mentre si azzera nella Pesistica Olimpica. In questo settore, dal 2005 ad oggi, sono infatti stati effettuati ben 472 controlli per un totale di 2500 atleti esaminati, tutti con esito negativo. Tutto questo significa che la piaga del doping non ha infettato la disciplina del sollevamento pesi a livello olimpico, mentre è ben presente a livello amatoriale.
A seguire penso sia giusto riportare parte della lettera della FIPCF per spiegare il grande lavoro che la federazione sta svolgendo per combattere il fenomeno del doping. La nostra idea di lotta al doping segue due strategie: la prima è quella della repressione totale grazie all’opera congiunta e condivisa della Federazione e del CONI; vogliamo salire sul podio, lavoriamo per questo, ma non ad ogni costo. Quando un atleta all’improvviso migliora le proprie prestazioni in maniera sorprendente, non ci esaltiamo per aver trovato il nuovo campione o per aver trovato il tecnico con la “bacchetta magica”, ma -al contrario- andiamo ad analizzare la situazione e la monitoriamo attentamente; in qualche caso, pur in presenza di controlli mirati con esisti negativi, abbiamo addirittura evitato di inserire l’Atleta in convocazione con le Squadre Nazionali per dare un segnale forte alle Società Sportive sulla linea federale, e questa politica finora ha pagato. La seconda strategia punta sugli operatori sportivi, I tecnici e i dirigenti, che riteniamo essere i veri artefici dello sport. Un tecnico od un dirigente che non sappia valutare un miglioramento improvviso di un proprio atleta, o è in malafede o è incompetente; in entrambi i casi ne è responsabile.
Il problema è dunque culturale, prima ancora che penale. Ritengo di dover ringraziare la FIPCF e il presidente Antonio Urso per il chiarimento, ma soprattutto per il lavoro svolto nel combattere il fenomeno del doping. Lo sport italiano è purtroppo ormai abituato a traumi di vari generi, ma la storia insegna che i problemi più gravi sorgono là dove circola più denaro. Calciopoli e Scommessopoli sono senza dubbio gli scandali più famosi della storia recente, senza contare che avevamo già fatto i conti con lo scandalo scommesse nel 1980. Il ciclismo, come il sollevamento pesi, resta una delle discipline più bistrattate da sostanze illegali e cure proibite.
Come al solito gli sponsor, i diritti tv e le quote dei bookmaker dettano le regole del gioco e mi permetto di citare nuovamente la lettera della FIPCF: D’altra parte gli interessi economici sono enormi, ci sono dati terrificanti sull’entità dei traffici di sostanze dopanti che seguirebbero rotte parallele a quelle del narco traffico se non addirittura sovrapponendosi con esse in molti casi. Certo è che la pressione sugli atleti e la necessità di vincere è dettata anche dalle possibilità di guadagno. “Non avrai altro Dio all’infuori di me” E’ un comandamento non solo del cattolicesimo, ma anche dei seguaci del Dio Denaro, una divinità ben lieta di convertire atleti ingenui, disinformati o mal consigliati al suo credo.
Matteo Barbafiera