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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dott. Giuseppe Montefrancesco

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L’oppio; una nuova droga?

Qualche giorno fa una dott/ssa che lavora con noi mi ha detto che a Firenze, l’oppio – non l’eroina – è di nuova tendenza tra una certa fascia di sperimentatori.

Riporto quindi quanto per coincidenza ho letto su Medscape (maggio 2013) e poi su Cochrane.

Le terapie farmacologiche di mantenimento nella dipendenza da eroina sono state ampiamente e ubiquitariamente utilizzate e delle stesse è stata dimostrata l’efficacia.
La dipendenza da oppio è associata a minori problemi, a minori alterazioni di organi o apparati (delle loro funzioni) ha molta meno probabilità di poter essere usata per via iniettiva; molto minori sono le malattie trasmesse per via ematica (HIV, HCV; HBV endocarditi et al) ed anche inferiore è il rischio di overdose.

Sebbene sia un comune disordine da uso di sostanze (non da noi, in Italia o in occidente) in realtà non è stata mai effettuata alcuna revisione sistematica della letteratura relativa al trattamento di mantenimento per questa dipendenza.
Per noi occidentali sembra un tipo di dipendenza relegata ad un fine secolo che ci appare lontano e anche iconograficamente distante; in sostanza la popolazione conosce certamente la tossicodipendenza da eroina ma non si immagina la dipendenza da oppio, con l’individuo steso su un apposito lettino che fuma in speciali e lunghe pipe appositamente prodotte (ndr)

Un team di ricercatori della Università Iraniana di Scienze Mediche di Tehran hanno al contrario valutato l’efficacia e la sicurezza di differenti trattamenti farmacologici nella dipendenza da oppio ed i risultati sono stati pubblicati su Cochrane.

Secondo tale ricerca, nella revisione della letteratura scientifica sono stati trovati solo 3 studi randomizzati e controllati e i dati relativi al tasso di ritenzione in trattamento sono stati valutati in 870 pazienti dipendenti da oppiacei.
In 2 di questi studi è stato rilevato che le dosi più elevate di buprenorfina aumentato la probabilità di ritenzione in trattamento, mentre nel terzo studio, il baclofen (60 mg/die) non ha presentato una frequenza di ritenzione statisticamente significativamente maggior rispetto al placebo.

I ricercatori hanno commentato che anche questi tre studi presentavano un elevato rischio di errore e che comunque, attualmente, non si può dire che esista un alcuna prova tale da concludere che un certo tipo di terapia farmacologica sia la scelta migliore per la terapia di mantenimento nella dipendenza da oppio.

dott. giuseppe montefrancesco

Rahimi-Movaghar A, Amin-Esmaeili M, Hefazi M, Yousefi-Nooraie R. Pharmacological therapies for maintenance treatments of opium dependence. Cochrane Database Syst Rev. 2013 31;1:CD007775