La solitudine è feconda
La solitudine è spesso tristezza e può determinare uno stato di regressione evolutiva.
In più la percepiamo come di scarsi pensieri, inattiva, mentre l’interazione sociale, la comunicazione tra gli esseri sono i tratti fondamentali del progresso umano.
L’uomo, come è risaputo, è un animale sociale anzi ultra-sociale.
L’eventuale esclusione dagli altri interessa tra il 10 e il 20 % degli individui e per tale motivo possono subire danni alla salute: decadimento fisico, ridotta prestazione cognitiva e diminuita aspettativa di vita; sembra inoltre che aumenti la vulnerabilità al morbo di Alzheimer e demenze correlate.
In realtà poco si conosce della base neurale della solitudine.
Una ricerca ha esaminato i dati della risonanza magnetica (MRI), genetici e le autovalutazioni psicologiche in un campione di 40.000 adulti di mezza età ed anziani “soli” rispetto ad altri di confronto.
Con sorpresa gli studiosi hanno osservato che i profili neurobiologici che accompagnano la solitudine sembrano convergere su una sorta di rete neurale associativa (una specie di network) che, al contrario, mostra connessioni funzionali più forti e un volume della materia grigia maggiore.
I risultati consentono di ipotizzare che la sovra-regolazione (l’aumentata operatività) di questi circuiti neurali supporti i molti pensieri, la reminiscenza, i ricordi e la creatività necessari a riempire il vuoto sociale che, forse, non pensavamo ci fossero nel supposto solitario.
La solitudine, in una attività quasi contemplativa e di certo feconda, consente di interiorizzare, di parlare con sé stessi, di ricordare il passato o anche figurarsi il futuro.
In sostanza per rendere accettabile la solitudine immaginiamo una vita migliore e di tutto questo, “dentro”, discutiamo.
Fonte
– R. Nathan Spreng et al; The default network of the human brain is associated with perceived social isolation. Nature Communications, 2020; 11 (1) DOI: 10.1038/s41467-020-20039-w
Abstract
Humans survive and thrive through social exchange. Yet, social dependency also comes at a cost. Perceived social isolation,
or loneliness, affects physical and mental health, cognitive performance, overall life expectancy, and increases vulnerability
to Alzheimer’s disease-related dementias. Despite severe consequences on behavior and health, the neural basis of loneliness remains elusive.
Using the UK Biobank population imaging-genetics cohort (n = ~40,000, aged 40–69 years when recruited, mean age = 54.9),
we test for signatures of loneliness in grey matter morphology, intrinsic functional coupling, and fiber tract microstructure.
The loneliness-linked neurobiological profiles converge on a collection of brain regions known as the ‘default network’. This higher associative network shows more consistent loneliness associations in grey matter volume than other cortical brain networks. Lonely individuals display stronger functional communication in the default network, and greater microstructural integrity of its fornix pathway. The findings fit with the possibility that the up-regulation of these neural circuits supports mentalizing, reminiscence and imagination to fill the social void.