Come iniziò la guerra alla droga.
23 SET 2024 La nota antiproibizionista
EDITORIALE | di Roberto Spagnoli – RADIO – 07:30 Durata: 5 min 45 sec
Riassunto
La cultura securitaria “legge e ordine” considera un fatto criminale qualunque atto contrario alle leggi, da reprimere e punire.
È una pulsione che attraversa tutta la società alimentando un clima di insicurezza che colpisce i gruppi sociali più marginali e tutti i comportamenti considerati “devianti”.
La questione riguarda il centro-destra e l’attuale Governo, ma anche e soprattutto chi è all’opposizione e si propone come alternativa.
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“Non so nulla di marijuana so che non è particolarmente pericolosa e la maggior parte dei ragazzi è a favore della sua legalizzazione.
Le pene dovrebbero essere commisurate al crimine, non dovrebbero esserci sanzioni dove le persone prendono dieci anni per marijuana. E’ sbagliato una condanna a trent’anni per un caso di cannabis, è ridicola”.
A pronunciare queste parole fu Richard Nixon quando era Presidente degli Stati Uniti; sono contenuti e registrazioni audio scoperte recentemente dall’attivista Curtis Anne, in una serie di recenti acquisizioni messe a disposizione dalla Richard Nixon Presidential Library e pubblicate dal New York Times.
La registrazione fu effettuata alla Casa Bianca nel marzo del 1973 poco meno di due anni prima il diciassette giugno del mio 1971, in una conferenza stampa Nixon aveva affermato che l’abuso di droga era il nemico pubblico numero uno. E aveva dichiarato che per combattere e sconfiggere questo nemico, è necessario lanciare una nuova offensiva totale. Insomma, era all’inizio di quella che poi fu chiamata “La guerra alla droga”.
L’anno successivo Nixon aveva respinto le raccomandazioni di una commissione federale che suggeriva di depenalizzare la cannabis. Parliamo della commissione nazionale sulla marijuana e l’abuso di droga nota come Commissione Scheffer che fu nominata dallo stesso Nixon e dai leader del Congresso con lo scopo di redigere un rapporto sulle leggi federali sulla marijuana.
Contrariamente alle attese però invece di rafforzare la posizione dell’amministrazione, secondo cui la cannabis è una droga pericolosa da vietare e reprimere, i 14 componenti della Commissione nel loro rapporto finale conclusero che sebbene l’uso di marijuana potesse presentare alcuni rischi per la salute la politica di criminalizzazione era eccessiva e non necessaria e raccomandarono la depenalizzazione. Secondo la Commissione, il diritto penale è uno strumento troppo duro da applicare al possesso personale, anche nel tentativo di scoraggiare l’uso.
Esso implica un’accusa schiacciante del comportamento che riteniamo non appropriato.
Il danno effettivo e potenziale dell’uso della droga non è abbastanza grande da giustificare l’intrusione del diritto penale nel comportamento privato.
“Ne consegue che, una politica sociale coerente, richiede un cambiamento fondamentale degli atteggiamenti sociali nei confronti dell’uso di droga e la volontà di intraprendere nuovi percorsi quando le azioni precedenti hanno fallito.” Così scrisse la Commissione nel suo rapporto, esortando ad attuare delle riforme affinché il possesso di marijuana per uso personale e la cessione senza fini di lucro non fossero più considerati reati.
Non era la prima volta che una Commissione ufficiale arrivava a queste conclusioni.
Nel 1938 il sindaco di New York, Fiorello la Guardia, nominò una commissione d’inchiesta formata da medici accademici e ricercatori, quello che poi è conosciuto come il Rapporto “La Guardia”, cioè il primo studio approfondito sugli effetti del fumo di marijuana, dopo più di cinque anni di studio, smentì clamorosamente e nettamente la forsennata campagna repressiva condotta da Harry Anslinger, il potente capo del Federal Bureau of Narcotics. il presidente Nixon però ignorò deliberatamente le conclusioni della commissione che lui stesso aveva voluto, sebbene nella registrazione lo si senta ammettere che le pene della marijuana erano troppo severe, affermò però altrettanto chiaramente di non sostenere la sua legalizzazione. Non credeva che la marijuana fosse pericolosa ma aveva firmato la legge che la inseriva tra le sostanze pericolose, la mantenne anche dopo il rapporto della commissione Scelfer e creò la Drug Enforcement Administration la “DEA”, cioè l’agenzia antidroga federale sul modello di quella diretta da Anslinger .
Il consigliere di Nixon per la politica interna ,John Ehrlicman, ammise in seguito che l’insistenza del presidente nel criminalizzare le persone a causa della droga, faceva parte di una strategia politica per indebolire la sinistra contraria alla guerra e la popolazione nera.
In un’intervista del 1994, Ehrlicman disse: “Sapevamo che non potevamo rendere illegale essere nero e contro la guerra, ma facendo in modo che il pubblico associasse gli hippies alla marijuana e i neri all’eroina e poi criminalizzando entrambi pesantemente, avremmo potuto sconvolgere quelle comunità.
Potevamo arrestare i loro leader, fare irruzione nelle loro case, interrompere i loro incontri e calunniare nei notiziari. Sapevamo che stavamo mentendo sulla droga? Certo che lo sapevamo!”
Ecco, questo accadeva negli Stati Uniti molti anni fa.
Adesso veniamo all’oggi, all’Italia, al decreto legge “antirave”, al decreto “Caivano”, al disegno di legge sicurezza approvato l’altro giorno dalla Camera dei Deputati che colpisce l’intero settore produttivo e commerciale della canapa.
La cultura securitaria, quella basata sul binomio “Legge e ordine”, considera qualunque atto contrario alle leggi esistenti un fatto criminale in sé: da reprimere, da punire, rigettando la possibilità di stabilire forme di convivenza civile basata sul rispetto reciproco sulla tolleranza e sui diritti.
E attenzione, sono pulsioni che non appartengono solo ad una parte politica ma attraversano trasversalmente tutta la società. E alimentano un clima di insicurezza e di sfiducia che finisce sempre per colpire gruppi sociali più marginali e in generale tutti i comportamenti considerati devianti rispetto all’ordine costituito.
La commissione Scheffer, voluta da Nixon, affermò che una politica sociale coerente richiede un cambiamento fondamentale degli atteggiamenti sociali nei confronti dell’uso di droga e la volontà di intraprendere nuovi percorsi quando le azioni precedenti hanno fallito. Parole che oggi, in Italia, riguardano certo, il centrodestra, riguardano certo questo governo, ma anche e forse soprattutto chi è all’opposizione, chi si propone come alternativa a coloro che attualmente hanno responsabilità di governo.
eugenio montefrancesco (per lievi interventi nella trascrizione automatica)
Fonte
La nota antiproibizionista
EDITORIALE | di Roberto Spagnoli – RADIO – 07:30 Durata: 5 min 45 sec
23 SET 2024