Con il termine picoeconomics(1992), lo psicologo Ainslie descrive la differenza tra microeconomia, macroeconomia e picoeconomia.
In linea generale, per spiegare senza alcuna pretesa, la microeconomia è una parte della teoria economica che presuppone che gli individui siano dotati di una piena razionalità, cioè conoscano le loro preferenze ed effettuino quindi scelte ottimali per il raggiungimento dei loro obiettivi, quali la massima utilità per il consumatore e il massimo profitto per il produttore.
La macroeconomia, a differenza della microeconomia che studia il comportamento a livello dei singoli, si interessa alla comprensione del sistema economico ad un livello più ampio.
La picoeconomia si differenzia dai modelli della macro e microeconomia in quanto non è governata dalle consuete regole di scelta e dalla consuete curve di valore degli economisti. In questa branca psicologica dell’economia si parla delle motivazioni che guidano gli individui ad una data scelta ed assieme della tendenza a preferire profitti immediati rispetto a profitti futuri, anche se quest’ultimi possono essere di maggiore valore rispetto ai primi. In sostanza è come se si ragionasse sulle ragioni che motivano una scelta irrazionale, da un certo punto di vista.
Un gran numero di esperimenti ha confermato come le scelte degli individui nei confronti delle ricompense possono essere descritte graficamente da curve di vario tipo. Curve di tipo esponenziale spiegano che tra due differenti ricompense, disponibili in tempi diversi, viene preferita sempre la ricompensa maggiore, indipendentemente dal tempo che occorre per averla. Curve di tipo iperbolico, invece, mostrano che tra due differenti ricompense, disponibili in tempi differenti, viene preferita la ricompensa minore se questa è disponibile in un tempo più prossimo rispetto a quella maggiore.
La preferenza verso guadagni minori ma immediati presuppone una continua negoziazione tra possibili benefici o perdite ovvero una continuo processo di scelta rispetto a convenienze ragionate, calcolate; ciò determina l’imprevedibilità e l’impulsività del comportamento dell’individuo nel lungo periodo. Infatti, in ogni momento, una persona è motivata a bloccare le sue preferenze attuali verso nuovi guadagni. Questo implica il potere sfuggente della libertà e della volontà umana rappresentabile come una situazione di contrattazione intratemporale continua che porta alla ricerca di un nuovo, immediato piacere che si scopre senza fine. Di pari passo, in questa continua ricerca, si annida subdolamente l’ossessione del raggiungimento del benessere o felicità attraverso simboli economicia, gli oggetti, le proprietà.
In realtà tutto ciò è parte di ognuno di noi, interessa ognuno di noi se pure ci consideriamo appartenere ad una categoria umana non afflitta da evidenti patologie compulsive come la tossicodipendenza. Anzi si potrebbe dire che l’afflizione al possesso e all’acquisto dei beni che immediatamente danno piacere e soddisfazione è il nucleo centrale su cui si fonda tutto il commercio e la sua pubblicità. E forse la vita di molti di noi.
In base a quanto precedentemente detto il comportamento apparentemente irrazionale del dipendente acquista quindi una logicità, la dignità del libero arbitrio, una calcolata opportunità ovviamente del tutto personale!!! L’impulsività del dipendente (e non solo di lui) viene così compresa all’interno di un processo decisionale che predilige l’urgenza del guadagno, ovvero utilizzare droghe, posticipando e minimizzando le possibili conseguenze negative legate a tale comportamento. L’incapacità di posticipare il piacere e l’amplificazione dei benefici legati al raggiungimento dell’oggetto del desiderio portano l’individuo in causa a rincorrere un piacere sfuggente e mai appagante. La’instaurarsi in seguito ed inoltre della tolleranza determina una ricerca incessante per avere gli stessi effetti di sempre.
Le regioni cerebrali che sovrintendono il controllo dell’impulsività, dei processi decisionali e dei comportamenti responsabili sono le regioni limbiche, con i rispettivi circuiti neurali, facenti parte del cosiddetto sistema impulsivo e la corteccia prefrontale. Lesioni in queste regioni determinano, sia nella tossicodipendenze sia in altre patologie, una perdita della capacità di lavorare per un lungo periodo nel raggiungimento dei propri obiettivi. La ricerca scientifica a tal proposito suggerisce che se un profilo caratteriale costituito da una certa impulsività, instabilità, antisocialità e disinibizione comportamentale può facilitare l’incontro dell’individuo con le sostanze, d’altra parte le alterazioni stabili che sopravvengo con l’uso cronico di queste facilitano la perdita di controllo. Il problema della decisionalità forzata nella tossicodipendenza è altresì gravata non solo dal processo di scelta verso una soluzione conveniente ma anche dall’estrema sofferenza per mancato utilizzo della sostanza durante l’astinenza.
Quali implicazioni nel trattamento delle dipendenze?
La teoria della picoeconomics suggerisce come probabilmente per il trattamento delle dipendenze sia importante incentrare gli sforzi non tanto sul comportamento di uso della sostanza, quanto nel rendere accessibili e desiderabili le alternative a questo comportamento. Questo significa che atteggiamenti proibizionistici nei confronti delle sostanze, così come politiche disincentivanti l’acquisto di sostanze, pur nelle giuste finalità, portano a scarsi risultati. Al contrario, e forse, là dove sono presenti relazioni interpersonali positive, contesti educativi autorevoli ed ambienti ricreazionali, il potere attrattivo delle sostanze si affievolisce e lascia spazio ad altro.
Quanto detto appare però avere più un profilo preventivo che una metodologia di intervento; in altri termini potrebbe essere di efficacia nelle fasi iniziali del processo di sviluppo della tossicodipendenza più che nelle fasi avanzate di questo, quando ha oramai acquisito piena strutturazione. Perché, secondo mie personali considerazioni, il vero problema che sta dietro a proposte ovvie e piene di buon senso, è l’evidente contrasto con l’obiettivo, apparentemente irrazionale, del tossicodipendente, cioè farsi.
Per me operatore, la difficoltà più evidente è nella maggior parte dei casi innescare processi di convenienza immediati e logici; mi accorgo che è sempre il paziente a scegliere le sue convenienze e al massimo io lo accompagno nel percorso di cambiamento delle scelte, se queste sono per lui positive. E nel caso contrario?
Di norma si interrompe il rapporto.
Dr.ssa Francesca Targi
Bibliografia:
Ainslie, G. & Monterosso, J. (2007). The behavioral economics of will in recovery from addiction.
Drug and Alcohol Dependence, 2, 100-111. Raichlin, H. (2007). In what sense are irrational?
Drug and Alcohol Dependence, 3, 92-99. Pani, P.P. Maremmani, E. Trogu, A., & Maremmani, A. G. I. (2013). E’ tempo di costruire una psicopatologia dell’addiction. Italian Journal of the Addiction, 9, 20-25.