Da molti anni oramai nella mia vita passa la parola abuso; in famiglia quando sentono nominare abuso o parole che stanno attorno a questa, tipo droghe, sostanze, dipendenza, sopravviene come un fastidioso prurito generale, una certa malcelata agitazione seppure tentano timide espressioni di simpatia per non dispiacermi tanto.
Comunque vorrei dire loro quale è la forma di abuso che, secondo me, più addolora e affligge l’umanità. Di certo è quella che ho visto e vedo più diffusamente. E’ l’abuso di potere.
L’abuso del ruolo e delle funzioni. Quella patologia del comportamento che nasconde l’ omicidio tra le pieghe delle regole e degli incarichi e viene pienamente espressa nella sadica soddisfazione di far male. I miei pazienti, cioè quelli che usano droghe, sono una parte della società e neanche tanto vasta, ma per loro c’è un fortissimo stigma sociale. Seppure parliamo di una malattia sono forse pensati anche “cattivi”. L’abusatore di potere vive tutti gli strati della popolazione ed è affetto da una sorta di peste orribile che ammala l’Io. Ma non viene detto paziente. E, in giro, ce ne sono tanti. E non vanno ai servizi per le tossicodipendenze. Quando descrivo il dipendente da droghe nelle sue connotazioni socio anagrafiche dico che è un maschio, più spesso solo, soprattutto con bassa scolarità e lavoro non qualificato. L’abusatore di potere è di entrambi i sessi, esercita la malattia soprattutto se è in stato dirigenziale, (come in uno stato di santità), di media statura e senza alcuna dignità. Secondo me induce l’uso di sostanze stupefacenti nella popolazione generale, soprattutto alcol, perchè dispensa il male per tutta la settimana ed alla fine di questa, molti si auto somministrano vino ed affini per ragioni di salute. Quando vomitano, pensano a loro. Il problema è che tutti noi, in un qualsiasi momento della giornata, abbiamo l’occasione della dirigenzialità ed allora è grande la possibilità di esercitare potere e violenza. Meglio comandare che fottere, se non fosse che quella soddisfazione non della carne si fa piacere, ma del dolore altrui.
Ma l’abusatore soffre ? Forse, forse un po’, ed in attesa della vittima, forse suda. Devo io sottoscritto tener conto di tale patologia tra le dipendenze e porre studio e se possibile un qualche rimedio ? Quale farmaco sostitutivo o trattamento psicologico (non so, ad esempio, il cognitivo comportamentale?) può dare sollievo a lui e agli altri ? Non credo ci sia niente al momento, se pure la defenestrazione è detta la più appagante delle soluzioni. Noi dell’Unità Operativa Prevenzione Dipendenze Patologiche pensiamo anche di istituire un servizio adatto a questo; si può tentare con il metadone, stupendo oppiaceo sintetico, che potrebbe sedarne la coscienza e la voluttà.
Tutto ciò, di grazia, solo per favorire il progresso dell’umanità e dimostrare che anche l’abusatore ha bisogno di cure.
giuseppe montefrancesco