Domande

dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dott. Giuseppe Montefrancesco

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L’oppio fuma il mio amico

DOMANDA : Il mio amico ha cominciato a fumare oppio sette mesi fa. Prima eravamo inseparabili, spesso uscivamo insieme e facevamo tante cose. Ora lui si isola. Passa interi week-end da solo nella sua casa in campagna. So che mi evita e mi respinge. Cosa gli sta succedendo? Mi manca la sua irrequietezza piena di fantasia e malinconia. RISPOSTA : L’oppio, contiene tra le varie sostanze la morfina, il potente antidolorifico. Non ha solo proprietà anestetizzanti il dolore fisico, induce anche euforia seguita da uno stato di beatitudine contemplativa. Il pensiero appare più lento ma più acuto, incisivo e creativo. Realtà e immaginazione si sovrappongono e si confondono in una condizione di benessere, di estrema piacevolezza, di sonno pieno di sogni ed ogni sensazione sgradevole scompare. Il soggetto vive un pieno benessere psicofisico ( Insostanza). …ed ogni sensazione sgradevole scompare. Questo significa che l’oppio ‘regala’ momenti molto lunghi di assenza di dolore, ansia e angoscia, sentimenti che normalmente, in proporzioni variabili in intensità, condiscono il nostro sentire quotidiano. Se la felicità – intesa come completa assenza di ogni dolore, ansia e angoscia – è l’essenza della vita, allora, come racconta magistralmente lo scrittore ungherese Géza Csàth nel suo racconto Oppio, la convenienza di un oppiomane che fuma per quattordici ore ogni notte, è: L’essenza della vita è un bene così prezioso che intere generazioni ne godono nel corso dei secoli – per lo spazio di un’ora. Chi si rassegna a questo, è rassegnato a morire prima ancora di esser nato (…) Queste quattordici ore equivalgono a 8.000 anni di vita di quattro generazioni. Ma facciamo conto che siano soltanto 5000 anni. Nel giro di un giorno io vivo dunque per 5000 anni. Nel giro di un anno fanno all’incirca due milioni di anni. In dieci anni sono venti milioni di anni di età. Potrai, allora, reclinare tranquillamente il tuo capo sul gelido guanciale dell’annientamento eterno. Chi non osa e non vuole conquistarsi a questo prezzo venti milioni di anni che fanno parte dell’eternità, costui viva pure cento anni e si moltiplichi nei discendenti. (Géza Csàth, Oppio,  Edizioni e/o 1985) Questo calcolo della convenienza ci dice che la posta in gioco è spostare più avanti la morte, oltre un tempo che somiglia all’eternità. L’autore di cui abbiamo riportato la citazione era realmente un oppiomane e morì, non dopo dieci anni ma dopo otto da quando aveva scritto questo racconto. Il benessere che dà l’oppio è percepito come psico-fisico; in realtà il fisico, in questo calcolo di convenienze, ci rimette perché mangiare o svolgere qualsiasi altra funzione diviene secondaria o inutile al piacere dell’oppio. Psicologicamente l’anima si ammala di una convenienza totale, superiore alle normali soddisfazioni. Uno allora potrebbe chiedere. ” Ma allora dove è la scelta razionale, dove è veramente conveniente” Si può dire che non si può dire,< ma di certo, per l’esperienza che ho e considerando che la vita, le sue felicità e le sue sorprese, vivono solo in sistemi aperti (cioè solo se non sono carcerati da scelte rigide e obbligate)mentre al contrario, l’oppio e gli oppiacei e molte altre droghe, cercano i loro figli per chiuderli in sistemi senza scelta. Allora arriva lentamente la cachessia, la consunzione e soprattutto l’infelicità sino alla morte. Ma questo è giusto per le droghe, è difficile che possano fare altro. Se il tuo amico può avere l’oppio tu non gli manchi, perché certe sostanze fanno anche questo: separano da chi ci vuole bene.