GENETICA e TOSSICODIPENDENZA
Dott. Alfredo Orrico
Dirigente Medico
Specialista in Genetica Medica
a.orrico@ao-siena.toscana.it
Unità Operativa di Medicina Molecolare
Azienda Ospedaliera Universitaria Senese
Viale Bracci – Policlinico S. Maria alle Scotte
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Nel DNA umano sono presenti circa 30.000 geni, in doppia copia (paterna e materna): tutti o quasi tutti, in genere, funzionali, ma spesso con differenze che, per quanto piccole, possono comportano lievi variazioni nella loro struttura o nella loro regolazione. Non parliamo di variazioni (mutazioni) francamente patogenetiche ma di leggere differenze, di per se assolutamente tollerabili, presenti in percentuali variabili nelle popolazioni umane normali, note come polimorfismi genetici.
Ogni singola variazione, infatti, di per se non produce effetti rilevabili. Un effetto maggiore, eventualmente, può essere esercitato dalla combinazione di polimorfismi di molti geni.
La presenza di polimorfismi all’interno della popolazione “normale” è alla base delle differenze
osservate nei tratti complessi tra individui e popolazioni differenti (peso, altezza, pressione arteriosa, comportamenti etc.).
Questa componente di variabilità geneticamente determinata, da un lato, può influenzare la capacità ed il modo che ogni singolo individuo possiede nell’affrontare gli stimoli che provengono dall’esterno (fisici, chimici, etc.), dall’altro, integrandosi con la componente di variabilità ambientale, realizza diversità evidenti e, spesso, misurabili, in tratti e caratteri riconoscibili.
Molte di queste differenze, quindi, incluse le differenti risposte all’assunzione di farmaci e sostanze, vedono nella variabilità genetica un elemento di rilievo, per quanto non unico.
In questo senso, fattori genetici insieme a fattori ambientali possono infatti influenzare la suscettibilità alle dipendenze.
La maggior parte degli studi che hanno condotto a queste conclusioni sono stati effettuati per l’alcolismo, tuttavia, una influenza genetica è stata dimostrata anche per quanto riguarda la suscettibilità alle dipendenze da tabacco, oppioidi, cannabis, stimolanti e altri farmaci psicoattivi. Evidenze in questo senso sono emerse sia da studi di genetica classica, attraverso analisi di famiglie e di gemelli, sia da più recenti evidenze di genetica molecolare.
Studi sulla dipendenza da alcol, tabacco ed altre sostanze, suggeriscono che i fattori genetici possano contribuire tra il 25% ed il 60% (coefficiente
di ereditarietà di un tratto) nel sostenerle.
E’ noto, infatti, come l’alcolismo possa essere riscontrato come tratto familiare, con ben caratterizzati fattori genetici di suscettibilità che prescindono dall’influenza ambientale.
Studi condotti su figli adottivi hanno infatti documentato una maggior incidenza di alcolismo in soggetti i cui genitori biologici erano alcolisti (mentre non lo erano i genitori adottivi) rispetto a soggetti i cui genitori adottivi erano alcolisti (ma non lo erano i genitori biologici).
Si ritiene che la genetica possa contribuire all’alcolismo per circa il 50% nei maschi e 25% nelle femmine (Reich T et al. 1998).
Lo stesso si può dire per la dipendenza dal fumo: la stima corrente pone il peso relativo della genetica intorno al 28-84% dei fattori che contribuiscono a promuovere e/o mantenere questo comportamento (Hamilton AS et al. 2006). La nicotina attua i suoi effetti tramite legame con specifici recettori presenti nel sistema nervoso centrale (nAChRs): l’impatto di questo legame con alcuni sistemi di neurotrasmissione (dopamina, serotonina, GABA) ed i geni che codificano per gli elementi che mediano la neurotrasmissione sono all’attenzione dei ricercatori.
Si parla del 45%, invece, come possibile coefficiente di ereditarietà nella suscettibilità al consumo e/o dipendenza da varie sostanze, inclusi la cannabinoidi, oppiacei, stimolanti, sedativi e psichedelici.
Infine, la stessa tossicità delle diverse sostanze non è uguale in individui differenti.
Fattori genetici influenzano la differente suscettibilità ai danni epatici nel caso dell’alcol così come un differente ambiente genetico condiziona la maggiore o minore probabilità di insorgenza di tumori nei fumatori. Lo stesso sembra succedere con l’assunzione di farmaci psicoattivi, con la maggiore o minore suscettibilità individuale ad effetti tossici dopo somministrazione.
Più recentemente, tecniche di linkage ed associazione genetica, hanno permesso di identificare alcune regioni del genoma che sembrano maggiormente implicate in queste predisposizioni, sottolineando come le dipendenze siano comportamenti complessi, influenzati sia dall’ambiente che dai geni, con partecipazione di più geni alla suscettibilità,complessivamente con effetti additivi non trascurabili, pur con modesto contributo individuale delle singole variazioni.
La genetica di un individuo influenza l’attività dei farmaci, incluso il rischio di dipendenza
Dati sperimentali suggeriscono che assetti genetici particolari, relativi all’espressione di molecole attive nelle aree cerebrali coinvolte nei processi motivazionali, possono essere responsabili di varie forme di dipendenza. Tra questi, e a titolo di esempio, uno dei sistemi che ha ricevuto maggiore attenzione nello studio dei comportamenti patologici è il sistema dopaminergico della neurotrasmissione.
La dopamina, infatti, implicata nei circuiti di ricompensa, e agendo attraverso recettori, provoca il rilascio della serotonina che a sua volta stimola le encefaline a livello ipotalamico. Una forma polimorfica (un allele) del gene che codifica per il recettore DRD2 della dopamina (allele A1) sembra associata a ridotta efficienza di questo sistema, una condizione a sua volta associata ad alcolismo e tabagismo.
Si ritiene quindi che gli individui che portano questo allele possano risultare predisposti all’assunzione di sostanze psicoattive, perché maggiormente vulnerabili di fronte ad eventi stressanti a causa di un sistema di gratificazione deficitario che tentano di compensare forzando il tono dopaminergico, introducendo sostanze che stimolano il rilascio di dopamina (Cohen et al., 2007).
Si tratta di meccanismi molecolari che vengono valorizzati nel tentativo di spiegare le basi biologiche
dei comportamenti di abuso per alcol, nicotina o sostanze psicoattive, ma che correlano con forme di dipendenza anche molto diverse, come il gioco patologico (gambling) che si ritiene abbia una componente genetica intorno al 14-46% (Eisen et al., 2001); un quadro che lega insieme squilibri del principale sistema biologico della gratificazione con alterazioni della soglia del piacere e della analgesia a suscettibilità alle dipendenze prese, nel loro complesso, come comportamento.
L’assunzione continuativa di sostanze psicoattive si associa ad adattamenti dei meccanismi cellulari, a loro volta imputabili a cambiamenti nell’espressione di centinaia di geni, con differenze tra tessuto e tessuto o, addirittura, nel caso del cervello, da regione a regione. Si ritiene che alcuni di questi cambiamenti possano essere alla base dei dell’instaurazione della tolleranza e della dipendenza, interferendo con i normali meccanismi di apprendimento e memoria.
Recenti ricerche, condotte su ratti assuefatti alla cocaina, rivelano che il desiderio di assumerla dipende dall’attivazione dell’enzima ERK (signal-regulated kinase) e che, in caso di astinenza, l’inibizione dell’ERK permetta di ‘cancellare’ questa dipendenza. (Lu L et al. 2005). Si ipotizza che anche nell’uomo il coinvolgimento di ERK, che controlla i processi di memorizzazione, possa rendere difficile “dimenticare” la cocaina attraverso alterazioni della neuroplasticità e della interconnessività sinaptica e, come tale, possa essere coinvolta anche in altre dipendenze, come quelle alimentari. Diversi studi indicano inoltre, che, dopo la disintossicazione, la dipendenza psicologica dalla cocaina tenda ad aumentare con il passare del tempo. La proteina ERK potrebbe giocare un ruolo in questo circuito perché sembra responsabile della memorizzazione di elementi associati ad una vicenda, e potrebbe rafforzare la capacità condizionante di elementi ambientali che rimandano all’esperienza dell’assunzione del farmaco come stato di soddisfazione.
In questo ambito, più che di genetica in senso stretto, si parla di epigenetica (epi = circa + genetica), la scienza che si occupa cioè dei meccanismi che modificano o modulano in modo più o meno stabile il prodotto dei geni senza mutare il DNA di per sè.
In accordo, le ricerche più recenti suggeriscono che l’assunzione continuativa di farmaci psicoattivi possa riscrivere l’epigenetica delle cellule del cervello, rimodulando i circuiti di apprendimento e memoria a lungo termine, alterando l’espressione dei geni e, in ultima istanza, producendo risposte comportamentali correlate (la dipendenza). Questa attività di rimodulazione dell’espressione genica sembra si possa produrre attraverso alterazioni di struttura della cromatina (chromatin remodeling), ad esempio, attraverso l’attivazione del gene Delta-FosB che a sua volta attiva enzimi che provocano l’acetilazione di proteine associate al DNA (istoni).
Il quadro appare molto complesso, con dati ancora parziali che, ad oggi, non permettono facili interpretazioni.
Indubbiamente, una maggiore conoscenza dei meccanismi molecolari permetterà sia una maggiore comprensione dei fenomeni biologici sottesi ai comportamenti di dipendenza sia, sperabilmente, lo sviluppo di farmaci che, interrompendo o invertendo la catena di cambiamenti molecolari innescati dai farmaci psicoattivi, possano prevenire o curare le dipendenze.
Riferimenti bibliografici
T. Reich et al., Genome-wide search for genes affecting the risk for alcohol dependence, Am J Med Genet., 1998; 81(3):207-15.
Hamilton A.S. et al., Gender differences in determinants of smoking initiation and persistence in california twins. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev., 2006; 15: 1189-97.
Cohen M.X., Weber B., Dopamine gene predicts the brain’s response to dopaminergic drug, Eur J Neurosci., 2007; 26(12):3652-60.
Eisen S.A. et al., The genetics of pathological gambling, Semin Clin Neuropsychiatry, 2001;6(3):195-204.
Lu L. et al.,Central amygdala ERK signaling pathway is critical to incubation of cocaine craving, Nat Neurosci., 2005;8(2):212-9.
Renthal W., Nestler E.J., Epigenetic mechanisms in drug addiction. Trends Molec Med., 2008;14( 8): 341-350.