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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Cocaina; danni al cuore – parte I

Cuore di cocaina parte I

Cuore di cocaina – parte II

Afonso L., Mohammad T., and Thatai D., Crack Whips the Heart: A Review of the Cardiovascular Toxicity of Cocaine, Am. J. of Cardiol. 2007,100:1040-1043
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Introduzione
La cocaina (benzoil metil-ecgogonina; C17H21NO4) è una droga con elevate capacità di indurre uno stato di dipendenza,
è un potente stimolante del sistema nervoso simpatico e può causare letali effetti cardio vascolari. Le complicanze cardiovascolari conseguenti all’abuso di cocaina sono mediate dall’adrenalina e vanno dalle sindromi acute coronariche alla dissezione aortica e alla morte improvvisa. Il concomitante uso di alcol e fumo di sigaretta aggravano la cardiotossicità della cocaina. Questa revisione discute lo spettro delle complicanze cardiache derivanti dal consumo di cocaina, i meccanismi fisiopatologici sottostanti e le diverse opinioni relative agli interventi farmacologici nei casi di acute sindromi coronariche conseguenti all’uso di questa droga. Negli Stati Uniti, 5 milioni di persone utilizzano annualmente e regolarmente cocaina e nel 2003, circa 35 milioni di Americani, di età superiore a 12 anni, hanno dichiarato di aver assunto cocaina almeno una volta. La cocaina è la droga più comunemente abusata tra i pazienti che giungono nei reparti di emergenza; tra i giovani adulti (3) corrisponde a circa un quarto di tutti gli episodi di infarto miocardico non fatale.
La cocaina è anche segnalata, tra i medici legali, come la causa più frequente di decessi per droga.

Cenni di farmacologia La cocaina è un alcaloide tropano cristallino che si ottiene dalla foglie della pianta dicoca ( Erythroxylon coca) e che cresce principalmente in Sud America. La cocaina è disponibile in 2 forme:
il sale cloridrato (cocaina cloridrata) e la “base libera” (o crack.)
Il sale cloridrato – cloridrato di cocaina  si prepara sciogliendo l’alcaloide in acido cloridrico per formare o una polvere solubile in acqua o granuli che si decompongono al caldo (calore).
La base libera” o crack,  è una forma che si ottiene quando l’utilizzatore mischia la cocaina cloridrato a liquidi basici come il bicarbonato di sodio o l’ammoniaca; l’alcaloide di cocaina che ne deriva viene sciolto in un solvente come l’etere e infine riscaldato per far evaporare il liquido. Il risultato è pura cocaina fumabile o crack stabile al calore e con punto di fusione a 98 C. La cocaina (che ha una emivita tra 0,5 e 1,5 ore in dipendenza dalla via di assunzione) è metabolizzata dalle colinesterasi epatica e plasmatica a metaboliti solubili in acqua e poi escreti con le urine; l’idrolisi produce soprattutto benzoil-ecgonina ed ecgonina metil-estere che hanno, rispettivamente, una emivita di 5-8 ore di 3,5 – 6 ore, rispettivamente, e vengono eliminati con le urine. Anche se la cocaina può essere rintracciata nel sangue o nelle urine solo per poche ore, i metaboliti sono rilevabili nel sangue o nelle urine per 24-36 ore dalla sua utilizzazione (5). L’analisi tossicologia di capelli (radioimmunologica) è considerata una matrice molto sensibile del consumo di cocaina nelle settimane precedenti o mesi (6).

Meccanismi fisiopatologici Durante la depolarizzazione, la cocaina inibisce la permeabilità della membrana al sodio, bloccando così l’avvio e la trasmissione di segnali elettrici, proprietà questa che determina i suoi effetti anestetici. Indipendentemente dalla via di somministrazione, nel sangue viene raggiunta una elevata concentrazione di cocaina grazie al suo eccellente assorbimento attraverso le mucose.

Genesi dell’ischemia Una varietà di meccanismi sono stati implicati nella sviluppo della ischemia miocardica e della necrosi prodotte dalla cocaina. La cocaina blocca il riassorbimento pre-sinaptico di adrenalina e dopamina, causando una attivazione simpatica molto efficace del neurone post-sinaptico e una stimolazione prolungata del recettore dopaminergico (5). Questi effetti simpaticomimetici si traducono in un aumento della contrattilità del ventricolo, della pressione ematica, della frequenza cardiaca e in un progressivo incremento della necessità di ossigeno da parte del miocardico. L’impossibilità di soddisfare alle richieste di ossigenazione attraverso un adeguato flusso sanguigno può manifestarsi in una sindrome di tipo anginoso.

Effetti trombotici La cocaina aumenta l’aggregabilità piastrinica e questo può innescare un processo trombotico intracoronarico nel contesto di una ipossia aggravata dalla vasocostrizione dei grandi vasi coronarici come dalla resistenza dei piccoli vasi coronarici epicardici (7). L’assunzione intranasale di cocaina è associata ad un aumento nel plasma dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1), con un plausibile potenziamento del processo trombotico vascolare (8).

Meccanismo della vasocostizione  La cocaina ha mostrato di provocare vasospasmo coronarico in diversi piccoli studi effettuati in laboratorio attraverso l’uso di cateteri (9,10). Anche dosi molto esigue di cocaina, utilizzate per l’anestesia locale, hanno la capacità di indurre vasocostrizione coronarica, aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa e riduzione del flusso sanguigno del seno coronarico (10). La vasocostrizione prodotta dalla cocaina è mediata dalla sua azione sui recettori alfa-adrenergici, è più pronunciata nei tratti stenotici delle coronarie rispetto a quelli non stenotici e, generalmente, si crede possa essere accentuata dal blocco dei recettori I-adrenergici, considerato che, con questi farmaci, gli effetti adrenergici dei recettori I non sono in alcun modo controbilanciati. La vasocostrizione indotta da cocaina può essere facilitata da ulteriori meccanismi compreso il rilascio dell’endotelina-1 plasmatica (i cui effetti sono vasocostrittori) e da una compromissione della produzione in periferia di ossido nitrico il cui effetto è di vasodilatazione locale. E’ interessante notare che, nei cocainomani la riduzione del velocità di flusso coronarico e l’aumentata resistenza coronarica è stata dimostrata anche in assenza di significativi spasmi dei vasi epicardici o di malattia coronarica (CAD) o di infarto miocardico. Spasmi coronarici ripetuti si verificano circa 90 minuti dopo l’assunzione di cocaina, in correlazione temporale con l’aumento delle concentrazioni ematiche del principale metabolita della sostanza, l’ecgonina metil estere (9).
Accelerazione del processo aterosclerotico. Una precoce aterosclerosi coronarica è comune nei giovani consumatori di cocaina e questo aumenta ulteriormente il rischio di recidive di eventi ischemici. Una condizione di malattia coronarica di tipo ostruttivo (CAD), senza particolare predilezione per taluni territori vascolari, si trova tipicamente tra il 35% e il 55% dei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica per dolore toracico da cocaina. La cocaina può determinare aneurismi ed ectasia dell’arteria coronarica e ciò è un’altro potenziale meccanismo di infarto miocardio in questi pazienti.

Dolore toracico da cocaina La cocaina, come cloridrato, può essere sniffata e iniettata per via endovenosa; può essere assorbita nel cavo orale masticando le foglie di coca, fumata come pasta di coca o se ne possono inalare i vapori come crack. Il verificarsi di un evento ischemico non è legato alla quantità ingerita, alla via di somministrazione o alla frequenza di assunzione (5,12). L’associazione tra il consumo di cocaina e l’ischemia miocardica e/o infarto è ben nota e, temporalmente, questi eventi si verificano quando la concentrazione di cocaina nel sangue è al massimo, ma possono manifestarsi anche quando questa ultima è bassa o non rilevabile e allora effetti di vasocostrizione sono attribuibili ai suoi maggiori metaboliti attivi, benzoilecgonina e ecgonina metil estere (9). Nè le caratteristiche del dolore toracico nè la presenza di tradizionali fattori di rischio per l’aterosclerosi aiutano a identificare i pazienti che presentano infarto miocardico come specifica conseguenza della’uso di cocaina. E’ interessante notare che sebbene il dolore toracico sia il più comune sintomo di presentazione, l’incidenza di alterati valori enzimatici per infarto miocardico acuto o necrosi miocardica è relativamente bassa e risulta essere presente nel 6% circa dei pazienti con dolore toracico (13). L’ischemia o l’infarto miocardici e, occasionalmente, la rabdomiolisi o i traumi polmonari legati alla cocaina (pneumo-mediastino, pneumotorace, o pneumopericardio) spiegano la presenza di dolore toracico in una piccola frazione di pazienti. L’eziologia del dolore toracico rimane così in gran parte oscura e mal compresa nella maggior parte dei pazienti. Infine, anche se circa 1/3 dei pazienti con infarto miocardico indotto da cocaina sviluppa complicanze come lo scompenso congestizio cardiaco o le aritmie, la mortalità generale nei pazienti ospedalizzati rimane estremamente bassa (14).

Ad esclusivo interesse conoscitivo ed informazione scientifica.

Traduzione e cura del lavoro, dott. Giuseppe Montefrancesco