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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Dott. Giuseppe Montefrancesco

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Allucinogeni in campo medico. Quale la ragione.

Premessa
Con il mondo delle sostanze d’abuso ho avuto a che fare e dire per tanti anni. Alla fine è divenuta la mia attività principale.
Ho lavorato sempre con pazienti che principalmente utilizzavano oppiacei (eroina), cocaina o anche alcol; più spesso separatamente, altre volte in varia associazione.
Ho avuto rari contatti con pazienti che preferivano gli stimolanti (amfetamine) e ancora più raramente con quelli che abusavano di allucinogeni.
Queste ultime sostanze, per quanto si capiva, erano frequentate da “sperimentatori” cioè persone che volevano confrontarsi con le alterazioni allucinatorie per pura curiosità; per vedere quanto poteva accadere e raccontare la fantastica stranezza  delle alterazioni sensoriali.
Il periodo “allucinatorio ovvero il periodo d’uso, sempre per quanto si comprendeva dai racconti sporadici, durava comunque poco ed è comprensibile considerato che sopportare i tempi lunghi degli effetti allucinogeni può essere molto faticoso, impegnativo. Di norma la sperimentazione cessava.
Tra queste sostanze quella che ha avuto un successo più duraturo e notorio è stata l’ecstasy…nelle discoteche soprattutto.
Dell’LSD, ketamina, nuove sostanze psicotrope (NPS) ed altre non ho mai avuto preoccupazioni.
Nessuno ha mai chiesto aiuto.
Si sentiva dire.
Il mondo scientifico è stato al contrario sempre interessato ai potenziali utilizzi degli allucinogeni.
Vi riporto in basso un sunto della situazione attuale.
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Dal 2010 si è verificato un rapido incremento di studi e sperimentazioni cliniche nell’uso di sostanze psichedeliche, sia classiche che atipiche, in specifici disagi mentali in particolare quelli resistenti ai trattamenti convenzionali.
Le osservazioni cliniche per comprendere la sicurezza delle sostanze psichedeliche, la loro neurobiologia e i meccanismi sottostanti hanno interessato sia modelli animali che umani.

Le sostanze più frequentemente sperimentate sono state:
esketamina. In realtà si tratta della s-ketamina; è questa un derivato della fenciclidina (PCP) appartenente alla classe delle arilcicloesilamine e dispone di 2 forme, (R)-ketamina e (S)-ketamina.
Ha come nome commerciale Spravato (formulazione spray nasale) ed è spesso associata ad altri antidepressivi ed è utilizzata in caso di grave depressione resistente ai trattamenti standard.
È da molti anni che la ketamina viene studiata e considerata utile anche in campo psichiatrico.
Vi riporto quanto già scrivevamo nel 2017……
La ketamina, di norma considerata nel “nostro” campo come sostanza utilizzata a fini ricreazionali,
ha avuto e attualmente pare avere possibilità di utilizzazione terapeutica in alcune circostanze.
La sostanza è stata sperimentata, in setting terapeutici controllati, nella cosiddetta psicoterapia psichedelica in molti pazienti che presentavano disturbi da dipendenza.
La stessa ketamina è comunque in grado di produrre sviluppo di tolleranza e grave dipendenza negli utilizzatori. La ketamina, la cui azione si esplica come antagonista di un recettore del glutammato, (l’NMDA o N-metil-D aspartato) presenta rapidi effetti antidepressivi, quando viene somministrata endovena; più recentemente, della stessa ketamina vi è una formulazione spray intranasale.
Infine ultimi studi mostrano che l’infusione di ketamina (dosi di 0,5 mg/kg) riduce rapidamente la gravità dei sintomi in pazienti con disordini da stress post traumatico (PTSD).
Moltissimi altri studi mostrano l’esketamina  spray nasale come farmaco più efficace nel gestire la depressione resistente al trattamento rispetto ai comuni antidepressivi, magari in associazione con quest’ultimi.
psilocibina. La psilocibina è stata, ad esempio, sperimentata nel trattamento della depressione, nel disturbo ossessivo compulsivo, nei disturbi alimentari e disturbi da nicotina, alcol ovvero da droghe in genere.
MDMA o ecstasy. Gli studi clinici condotti con MDMA (metilendiossi-metamfetamina) hanno interessato principalmente pazienti con disturbo da stress post-traumatico, da abuso di alcol e sintomi di ansia sociale o anche pazienti con disturbo dello spettro autistico.
DMT. Sia con il DMT (dimetiltriptamina o ayahuasca). Sembrano esserci dati limitati sui potenziali benefici per indicazioni psichiatriche, come il trattamento di disturbi correlati a sostanze d’abuso.
L’ ayahuasca è un allucinogeno  tuttora in uso nelle popolazioni indigene del bacino del Rio delle Amazzoni e viene assunto, a scopi rituali e religiosi, attraverso una bevanda chiamata ayahuasca, traducibile come vino dell’anima; per quanto poco conosciuto in occidente la sua popolarità ed utilizzo ricreazionale è in aumento.
Ibogaina L’ibogaina (12-metossi-ibogaina) è un alcaloide indolico monoterpenico ed è una sostanza psicoattiva. Essa è presente in numerosi vegetali, principalmente nell’iboga (Tabernanthe iboga) un arbusto della foresta pluviale, originario dell’Africa centro-occidentale. Le radici di questo arbusto contengono 12 alcaloidi tra cui l’ibogaina, la tabernantina, l’ibogamina e la coronaridina.
L’utilizzazione della ibogaina negli stati di dipendenza da oppiacei (casi clinici o rapporti aneddotici) ha avuto sempre  giudizi disaccordi e l’uso medico è stato qualificato come sottocultura.
–  LSD. L’LSD è stato sperimentato per trattare l’ansia di fine vita e disturbi correlati a sostanze.

Tuttavia, molte ricerche presentano forti limitazioni metodologiche così che può essere difficile distinguere, comprendere lo specifico ruolo degli psichedelici utilizzati o quello di altre terapie associate, comprese quelle psicologiche o addirittura sapere quale trattamento o intervento hanno ricevuto i partecipanti. Quindi l’interpretazione dei risultati può non essere attendibile.

Al momento della stesura del presente documento nel 2024 nessun psichedelico classico, è stato approvato per il trattamento medico dei disturbi neuropsichiatrici.
Comunque, va riportato che l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha approvato l’uso dell’esketamina (Spravato) in adulti con depressione maggiore resistente al trattamento ed in più vi è un decisivo aumento dell’uso “off-label” della ketamina (vuol dire al di fuori delle ordinarie indicazioni terapeutiche) per lo stesso tipo di patologia.

Ma quale il motivo che giustifica l’uso degli psichedelici in particolari disturbi psichiatrici ?

A tutt’oggi sono incerte sia le cause della patologia depressiva sia la ragione del perché funzionino gli antidepressivi.
La depressione maggiore è considerata una conseguenza della coesistenza di rischi genetici e fattori ambientali; quindi, pare fondamentale esplorare come l’esposizione allo stress e i geni a rischio contribuiscano alla patogenesi della depressione maggiore.
D’altra parte, l’uso degli antidepressivi come gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sembra legittimamente sostenere l’ipotesi che la depressione sia causata soprattutto da uno squilibrio chimico ossia la mancanza di serotonina e che bisogna ripristinarne i livelli di serotonina, ragione dell’uso degli SSRI.
In realtà nei pazienti non è stata riscontrata alcuna diminuzione significativa di questo neuromediatore cerebrale.
Secondo attuali ricerche, la ragione dell’efficacia degli antidepressivi, in una pubblicazione di Molecular Psychiatry, sta nel fatto che alcune regioni del cervello non comunicano tra loro normalmente, ovvero presentano funzionalmente una specie di blocco e quindi non svolgono correttamente il loro lavoro.
Le regioni cerebrali in questione sono quelle deputate alla ricompensa, alla felicità, all’umore, all’autostima (sistema limbico e zone connesse).
In sostanza gli antidepressivi che aumentano la serotonina, quali gli SSRI, funzionano perché ripristinano la interrotta comunicazione tra queste parti cerebrali.
Questa stessa azione eserciterebbero sia l’esketamina che gli psichedelici (allucinogeni e dissociativi) prima riportati.
In sostanza è una forma di neuroplasticità ovvero tutte queste sostanze indurrebbero la capacità del cervello di modificare in meglio una condizione che si presentava peggiorativa e bloccata e che determinava lo stato depressivo.

Infine, l’ipotesi serotoninergica non è comunque l’unica prospettata per la patologia depressiva.

giuseppe montefrancesco

Fonti:
EUDA – European Union Drugs Agency -Frequently asked questions (FAQ): therapeutic use of psychedelic substances – Last update: 30 July 2024.
www.insostanza.it
JAMA Psychiatry, 2014.Medscape, Ketamine: New Potential as Rapid PTSD Treatment. Journal of Psychoactive Drugs, 45 (3), 276–286, 2013.
–  Chloe E. Page, C. Neill Epperson, Andrew M. Novick, Korrina A. Duffy, Scott M. Thompson. Beyond the serotonin deficit hypothesis: communicating a neuroplasticity framework of major depressive disorder. Molecular Psychiatry, 2024; DOI: 10.1038/s41380-024-02625-2
JAMA. 2023;330(17):1611. doi:10.1001/jama.2023.19797
–  Lvping Zhuang et al.. LHPP in glutamatergic neurons of the ventral hippocampus mediates depression-like behavior by dephosphorylating CaMKIIα and ERK. Biological Psychiatry, 2023; DOI: 10.1016/j.biopsych.2023.08.026