Virus Hiv; alcuni individui hanno una naturale resistenza
Il giorno 1 dicembre si è celebrata la giornata mondiale dell’ Aids. La circostanza ha indotto a fare il punto su alcune attualità.
Fino dai primi anni dopo l’inizio dell’epidemia era stato notato che alcuni soggetti, pur appartenendo alle stesse”coorti” di individui che progredivano rapidamente verso le forme conclamate della malattia, non manifestavano la stessa rapidità di evoluzione, pur in assenza di una specifica terapia. In mancanza di una chiara spiegazione questi individui erano stati definiti “long term non progressor”, cioè individui che non progrediscono nella malattia nel lungo periodo. In anni più recenti è stato visto che, oltre al ben noto recettore CD4 che è indispensabile per l’aggancio e la penetrazione del virus Hiv nella cellula suscettibile, è necessaria la contemporanea presenza di altri recettori, i più importanti dei quali sono stati indicati con le sigle CXCR4 e CCR5. I primi sono “espressi” dalle cellule linfocitiche e i secondi dalle cellule monocitiche e polimorfonucleate. E’ stato anche osservato che alcuni tipi del virus Hiv necessitano della presenza del corecettore CXCR4 e altri del CCR5. I primi sono stati definiti virus “linfocitotropici” e i secondi “monocitotropici”. La presenza dei “corecettori” è determinata geneticamente. E verosimile che i soggetti definiti “long term non progressor” siano individui geneticamente parzialmente privi ( in quanto eterozigoti ) di questi corecettori.
Gli individui geneticamente privi del recettore CCR5 sono resistenti all’infezione.
Questo concetto delle possibili mutazioni dei “geni” che codificano per la presenza dei due corecettori è stato recentemente ripreso da alcuni Ricercatori americani che hanno pubblicato nel numero di novembre della rivista Nature i risultati delle loro ricerche sulla resistenza naturale all’infezione virale. Questi ricercatori hanno posto la resistenza virale in relazione alla assenza di questi recettori, e ipotizzato anche la possibilità di allestire un vaccino in grado di interagire con i corecettori, bloccando in tal modo la penetrazione del virus. In epoche più recenti si sono aggiunte altre osservazioni interessanti: all’inizio dell’epidemia la principale modalità di trasmissione era costituita dalla via ematologica; questa è stata progressivamente sostituita dalla via sessuale, che attualmente costituisce la più importante modalità di contagio. Mentre attraverso la via ematologica il virus raggiunge facilmente le stazioni linfonodali e può dare inizio all’infezione legandosi ai linfociti CD4 positivi, nella via genitale il virus viene catturato delle ” cellule dendritiche” . Queste cellule, deputate per loro natura ai meccanismi di difesa, sono abbondanti nella mucosa genitale, e una volta catturato il virus lo “presentano ” al linfocita CD4. Sembra però che le cellule dendritiche possiedano solo il recettore CCR5 e che pertanto possano essere infettate solo dal virus omologo monocitotropico. Questa osservazione potrebbe fornire una valida spiegazione al fatto che alcuni individui, pur esponendosi a contatti sessuali a rischio non contraggono l’infezione se infettati con un virus diverso o se geneticamente privi del recettore CCR5.
Questo è anche il motivo per il quale recentemente sono stati messi in commercio farmaci in grado di bloccare il recettore CCR5 e quindi bloccare la progressione dell’infezione, sia se usati in una terapia di combinazione nella prima infezione sia in soggetti con un precedente fallimento terapeutico.
Prof. Luigi Lippi, infettivologo