Le storie

dott. Giuseppe Montefrancesco

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Xanax

Ho cinquantotto anni e da trenta vado in psicoterapia. Ho cominciato a 28 anni con la psicoanalisi freudiana per cinque anni, poi via via ho fatto e interrotto e ripreso varie altre psicoterapie. Nonostante questo non ho una diagnosi precisa del mio disturbo. Qualcuno in passato mi ha definita psicotica paranoica, quando poi la diagnosi è stata declassata ad ansie anticipatorie ho provato sollievo: mi è sembrato un miglioramento! Sono tuttora definita borderline e anche affetta da disturbo bipolare. Da dieci anni mi curo con degli ‘stabilizzatori dell’umore’ e da pochissimi giorni con le benzodiazepine. Vivere nella paura e nell’ansia non è semplice anche se riesco a preservare momenti di serenità e lucidità. Sono riuscita a crescere un figlio; sono riuscita a lavorare, a tratti, con piacere e soddisfazione; sono riuscita a tenere unita la famiglia; ma vivo male e con molta fatica psicologica. Il sintomo di questa fatica è un forte dolore tra le scapole che mi prende quando sono sola e il mio disagio psichico mi diventa insopportabile .

Lo chiamo ‘dolore da carico’, e mi ricorda che come Sisifo ogni giorno porto il mio masso, di qualsiasi sostanza psichica sia fatto, in cima alla montagna fino a sera per ricominciare da capo, questa inutile attività, la mattina del giorno dopo. Anni e anni di psicoterapie non mi hanno aiutato, ad oggi, a liberarmi di questo fardello. Solo la presenza degli altri mi è di conforto. Io dipendo dagli altri. Dipendo da mio figlio che è il mio ansiolitico naturale per eccellenza, dipendo da mio marito, dalle amiche, ma tutti loro ci sono di rado, e quando non ci sono dipendo dai vicini di casa, dalle luci accese alle finestre delle loro abitazioni, o dalla gente comune sugli autobus. So guidare, amo guidare, ma guido poco per non restare sola nell’abitacolo della macchina, allora prendo gli autobus, perchè lì c’è gente, si possono captare casuali frammenti di racconti di vita (attività, questa, che io adoro, e che mi fanno pensare di essere affetta da una forma di randagismo esistenziale). Qualcuno ti sorride e ti dice buongiorno. Quando resto sola mi sento fragile come una foglia secca che un nonnulla può frantumare. Di una fragilità intollerabile: è allora che ho paura. Da pochi giorni ho capito che quando mi sento così è giunto per me il momento di prendere le benzodiazepine. Mi sento ugualmente fragilissima ma stranamente questo pensiero mi diventa tollerabile.