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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Il morfino-cocainomane 

Gli atti delittuosi dei quali può rendersi colpevole il morfino-cocainomane stanno sotto la dipendenza non soltanto dell’eccitazione che accompagna il periodo euforico della doppia intossicazione cui esso si espone e delle sofferenze doppiamente penose determinate dalla privazione dei due veleni, ma altresì del vero delirio psico-sensoriale che in un periodo alquanto avanzato della intossicazione vedemmo sopravvenire in modo fatale, con il suo carattere eminentemente depressivo, colle sue idee ipocondriache e di persecuzione.

Perciò i morfino-cocainomani sono pericolosi non soltanto nella stessa guisa dei morfinomani, ma altresì nella stessa guisa degli alcoolisti allucinati e perseguitati. Abbiamo veduto sotto questo venefico influsso un uomo assai mite, persino timido, aggredire dei nottambuli, farsi quasi accoppare da essi ed abbatter poi l’uscio della sua stanza dentro il quale si trovavano dei nemici immaginari. Queste ancora non sono che violenze leggere, ma si danno dei casi nei quali il delirio di questi ammalati può avere delle conseguenze irreparabili.

Prova ne sia una tristissima storia di cui conobbi il protagonista, quella dell’infelice dott. X…di Lione, della quale, anni or sono, furono pieni i giornali.

Allorché io conobbi il dott. X egli si trovava come interno all’Antiquaille dove io occupavo il posto di capo della clinica (aiuto o primo assistente) presso il prof. Gailleton. Il dott. X era un giovane intelligentissimo, allegro, originale e scherzoso, il burlone della sala di guardia dove io qualche volta facevo colazione e che egli teneva allegra col fuoco continuo dei suoi scherzi e delle sue freddure. Mi ricordo specialmente che egli non aveva il suo uguale nell’imitare l’inimitabile Guignol lionese di cui, del resto, aveva tutta la fisionomia scaltra, il sale caustico e persino l’accento e la voce. Dopo la mia partenza da Lione lo perdetti di vista.

Come mai egli divenne morfino-cocainomane ?
L’ignoro; ma credo che le difficoltà della vita ed un certo residuo ereditario non furono a ciò estranei; come tutti, seppi anch’io soltanto dai giornali che, pazzo di gelosia, certissimamente senza motivo, saturo di morfina e di cocaina, egli aveva ucciso a colpi di rivoltella la sua giovane moglie e che dopo di ciò si era suicidato, soccombendo all’ospedale ad un’agonia di parecchi giorni, durante la quale non aveva cessato di reclamare, ad alta voce, delle iniezioni. Il giorno prima del dramma egli aveva indirizzato ad un grande giornale di Parigi una lunga lettera che portava l’impronta della follia e che il giornale pubblicò. In questa lettera egli rimproverava alla sua vittima e ad alcuni suoi parenti dei torti immaginari e denunciava la sua funesta  risoluzione.

Dott. Ernesto Chambard – I morfinomani Torino 1894.