Attualmente vi sono farmaci approvati per il trattamento dell’alcolismo:
1. disulfiram (Antabuse)
Scoraggia gli individui a bere per gli effetti molto spiacevoli che procura se contemporaneamente ad esso viene assunto alcol.
Esso interferisce con la metabolizzazione dell’alcol con il risultato di un elevato aumento dell’acetaldeide che produce gli effetti spiacevoli come vampate al viso, nausea, vomito, tachicardia, palpitazioni, cefalea pulsatoria, sudorazione, ipotensione; questi sintomi possono protrarsi per 30 minuti o mantenersi per diverse ore.
Il farmaco si assorbe rapidamente ma sono necessarie circa 12 ore perché si osservi la sua azione.
L’utilizzazione e l’efficacia del disulfiram sono limitate perché limitata è la compliance del paziente. Comunque tra i pazienti altamente motivati il farmaco mostra notevole efficacia e talvolta viene da questi utilizzato nelle occasioni che paiono di particolare pericolosità , come quelle sociali quando l’alcol è presente. Esso può anche essere somministrato sotto controllo, migliorando la sua azione, come in clinica o dal coniuge. Attualmente è poco usato.
2. naltrexone (Antaxone, Nalorex o Narcoral).
Si assume dopo che l’individuo ha smesso di bere ed agisce a livello cerebrale ove blocca i recettori degli oppioidi, per ridurre il desiderio di alcol.
Gli studi nell’animale hanno infatti mostrato che vi è un forte legame tra il sistema degli oppioidi e l’alcol. La somministrazione di antagonisti degli oppioidi riduce l’assunzione di alcol, al contrario l’iniezione di oppioidi è seguita da un aumentata assunzione di alcol.
Il naltrexone riduce le pesanti ricadute, definite nella quantità di 4 o più bicchieri per una donna e 5 o più bicchieri per un uomo, in circa il 36% dei casi nei primi 3 mesi; e meno efficace nell’aiutare i pazienti a mantenere l’astinenza. Lo stesso ha mostrato quindi efficacia negli studi a breve termine, 3 mesi, ma molto meno in quelli protratti, 6-12 mesi.
Il farmaco si assume giornalmente alla dose di 50 mg e di norma per brevi periodi.
L’associazione con il disulfiram andrebbe evitata perché entrambi sono epatotossici.
3. topiramato (Topamax cps da 15, 25, 50, 100, 200 mg), è un antiepilettico che appare ridurre il desiderio di alcol e le ricadute.
Esso agisce aumentando l’azione inibitoria del neurotrasmettitore GABA e riducendo quello del glutammato, neurotrasmettitore eccitatorio.
4. GHB (Alcover) è un agonista dei recettori gabaergici e viene utilizzato come disassuefacente verso l’uso dell’alcol e per il trattamento dello stato di astinenza da alcol.
Producendo effetti alcol mimetici si sostituisce all’alcol stesso.
Può essere somministrato a dosi di 50 mg/kg/die suddivisi in tre volte.
Controindicato in gravidanza, allattamento, malattia epilettica. Dipendenza da stupefacenti. Malattie organiche e mentali gravi.
Sono possibili effetti sinergici di potenziamento dell’azione sedativa con farmaci anti epilettici, psicoattivi. Vertigini soggettive, nausea sono frequenti effetti collaterali.
5. acamprosato (Campral 333 –compresse gastroresistenti da 333 mg)
L’acamprosato, un derivato dell’omotaurina o N-acetil-omotaurina; è un antidepressivo ed agisce su coloro che hanno smesso di bere. Riduce i sintomi presenti durante il periodo astinenziale, come l’ansietà e l’insonnia, nervosismo, disforia e riduce le ricadute a breve e lungo termine, più di 6 mesi.
Attualmente è il farmaco di prima scelta negli Stati Uniti.
E’ più efficace nei pazienti con grave dipendenza e se associato a supporto psicologico.
La sua utilizzazione nell’alcolismo era partita dall’idea che, giacchè i presupposti target agonisti sono il GABA e l’omotaurina (l’alcol attiva i recettori GABA A e l’omotaurina è un agonista dei recettori GABA), eventuali derivati potevano in qualche modo lavorare nel trattamento dell’alcolismo.
In realtà gli effetti terapeutici dell’acamprosato appaiono dovuti principalmente all’azione sul sistema glutammatergico ma il perfetto meccanismo d’azione non è ancora perfettamente delucidato. Esso, si pensa, agisca come debole antagonista dei recettori NMDA del glutammato normalizzandone l’azione; la fase di astinenza alcolica si associa a varie modificazioni nella neurotrasmissione del SNC e caratteristicamente aumenta quella glutammatergica.
Viene somministrato 3 volte die, compresse da 333 mg (totale 666 mg/die), e più comuni effetti collaterali sono i rush cutanei, nausea, vomito e diarrea.
Il farmaco è debolmente trasformato a livello epatico ed escreto con le urine.
La sua semivita è pari a 18 ore dopo l’assunzione orale.
L’acamprosato si può utilizzare associato al disulfiram senza che vi siano interazioni farmacologiche o addirittura viene aumentata l’efficacia del primo.
6. nalmefene (principio attivo della specialità Selincro)
Il nalmefene, che è un derivato del naltrexone, e quindi non si discosta di molto dall’azione del suo progenitore, ha comunque la particolarità di essere una sostanza che agisce sui recettori degli oppioidi come agonista parziale del tipo kappa e come antagonista di quelli mu. I recettori degli oppioidi sono fondamentali nell’ottenimento del piacere che consegue all’uso alcol e quindi agire su questi è come togliere la ragione per cui si beve. Teoricamente ciascuno di noi non riproduce o tende a non riprodurre un comportamento se non è conveniente, se non ne ricaviamo niente o poco; per lo stesso motivo l’alcolista dovrebbe essere indotto a non bere perché viene inibito il meccanismo di ricompensa cerebrale. Il farmaco per la sua modalità d’azione prima detta ha applicabilità in altre condizioni, ad esempio nel gioco d’azzardo patologico o anche nei tossicodipendenti da oppiacei, ma la sperimentazione clinica ha mostrato che esso può essere un utile supporto terapeutico anche nei confronti dell’alcol.
E’ chiaro che tutti i farmaci antagonisti che cioè si oppongono ad una convenienza (e questa è una convenienza ad elevato valore, il piacere) necessitano del convincimento e della partecipazione dell’individuo. In caso contrario il paziente tenderà ad non assumere il farmaco; è sempre consigliabile quindi non affidarsi al suo solo utilizzo ma associare efficaci supporti psicologici ed interventi sociali.
La differenza tra il naltrexone e il nalmefene. E’ che il primo viene utilizzato in coloro che hanno smesso del tutto di bere (ed il farmaco dovrebbe supportare l’astinenza e impedire le ricadute) mentre il secondo può essere somministrato senza dover richiedere un completo stato di astinenza. In sostanza il nalmefene è un farmaco che dovrebbe ridurre il consumo di alcol accompagnato da altri supporti soprattutto di ordine psicosociale. Aiuta i pazienti che proprio non riescono a fare a meno dell’alcol e un ridotto desiderio può fortificare la loro scelta di astenersi. Inoltre il nalmefene può essere utilizzato on demand cioè al bisogno; molto spesso il paziente avverte la pericolosità di una circostanza esterna così come l’aumentato desiderio interno. Può allora, con un certo vantaggio, assumere il farmaco circa 1 ora prima e sentire di poter controllare un desiderio che in realtà è ridotto dall’azione del farmaco sui recettori oppiacei.
Il nalmenfene ha minore epatotossicità e una maggiore durata d’azione del naltrexone.