Il naltrexone è un oppioide semisintetico a lunga durata d’azione (24 ore) e con pochi effetti collaterali; esso è detto antagonista perché agisce selettivamente sui recettori mu degli oppiacei ed impedisce che questi possano esplicare i loro effetti gratificanti.
L’eroina come gli altri oppiacei agisce sui recettori mu del cervello e l’dea di prevenire il loro uso bloccando la loro azione è da sempre stata coltivata.
Il naltrexone si lega ai recettori suddetti con una forza 100 volte superiore a quella degli altri oppiacei che non possono così “allontanare” il farmaco, insuperabile almeno per il tempo della sua azione; esso non induce alcun effetto piacevole.
Un individuo che sia adeguatamente dosato con il naltrexone non ottiene alcun effetto se si autosomministra oppiacei e quindi la ripetuta assenza degli effetti ricercati e la percepita inutilità dell’uso di oppioidi dovrebbe diminuire gradualmente il desiderio per queste sostanze e la dipendenza da esse.
Il farmaco viene usato per aiutare i pazienti ad evitare le ricadute dopo che questi sono stati completamente disintossicati.
Prima di avviare il trattamento con questo farmaco il paziente deve essere quindi pienamente disintossicato sia dall’eroina, che dal metadone o da qualsiasi altro oppiaceo, altrimenti si può indurre una grave crisi astinenziale. E’ necessario osservare anche la funzionalità epatica giacchè il farmaco può negativamente influenzare il fegato già compromesso dall’eventuale presenza di epatopatie C e/o B, frequentemente presenti in questi pazienti.
Il naltrexone viene somministrato, per via orale, a dosi di 50 mg al giorno oppure a dosi di 200 mg 2 volte la settimana.
Il suo utilizzo è comunque limitato da alcune ragioni: la compliance, la piena partecipazione al trattamento da parte del paziente è infrequente perché il farmaco non presenta alcun incentivo (non induce alcun effetto).
I risultati sono buoni se il paziente è molto motivato e la partecipazione a questo tipo di terapia è limitato al 15% dei casi che si osservano in coloro che desiderano la totale astinenza, ad es. professionisti, carcerati con permesso di lavoro o in libertà vigilata; la possibilità pericolosa di aggirare l’ostacolo del naltrexone considerando semplicemente il suo tempo d’azione di circa 24 ore.
Se ciò avviene e il paziente usa eroina, (o anche dopo che è stato in trattamento per qualche tempo, settimane o mesi) egli non ha più la stessa tolleranza di prima e rischia fortemente una overdose. Esiste la possibilità di mantenere più a lungo in trattamento il paziente usando l’impianto di naltrexone; comunque il rischio di overdose, alla cessazione del farmaco, rimane sempre.