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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Sessualità e farmaci

I problemi della funzionalità sessuale rappresentano un comune effetto indesiderato dell’uso di antidepressivi e in modo particolare degli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) e degli inibitori selettivi del reuptake di serotonina e noradrenalina (SNRI).
Tali disfunzioni possono comprensibilmente avere un impatto negativo sulla qualità della vita, delle relazioni e dell’autostima tanto da indurre chi li assume a interrompere il trattamento generando un significativo rischio di ricaduta nei sintomi della depressione e il fallimento della terapia.
Nonostante queste siano evidenze di comune riscontro nella pratica clinica e nonostante i numerosi studi a proposito di cui pullula la letteratura scientifica, continua ad essere un problema sottostimato o comunque non sufficientemente evidenziato dai foglietti illustrativi e da molti medici che li prescrivono. Tentare di comprendere questo problema non è un’impresa da poco se non altro per la difficoltà di selezionare gli articoli utili a questo proposito, dato il loro grandissimo numero.
Noi abbiamo provato a farlo attraverso una rassegna non esattamente recente ma estremamente valida apparsa a fine 2010 sulla rivista Drug, Healthcare and Patient Safety e che porta la firma di Agnes Higgins, Michael Nash e Aileen Lynch del Trinity College di Dublino. L’articolo in questione analizza alcuni tra gli studi più significativi sull’argomento evidenziando come i risultati siano considerevolmente differenti e come questo renda difficile stimare l’esatta incidenza del problema: Rothschild ha stimato che circa il 40% delle persone che fanno uso di antidepressivi sviluppa disfunzioni sessuali; l’analisi di studi multipli ha invece chiarito come l’incidenza oscilli tra il circa 30% dei pazienti trattati con imipramina (un antidepressivo triciclico) e una percentuale tra il 25% e il 75% dei pazienti trattati con SSRI. In particolare le disfunzioni sono più frequenti per paroxetina (65%), fluvoxamina (59%), sertralina (56%) e fluoxetina (54%).
Inoltre emerge come altri farmaci antidepressivi che sfruttano meccanismi diversi dal reuptake della serotonina abbiano una incidenza di effetti collaterali di questo tipo estremamente inferiore andando dall’ 8% del nefazodone (antagonista del recettore della serotonina) al 3,9% del moclobemide (un inibitore delle MAO). Comparando poi le differenze tra i due sessi rispetto a questi dati, si può notare come gli uomini riportino una frequenza lievemente maggiore delle donne (62% e 60%). Ma come può un farmaco che agisce come antidepressivo alterare la funzione sessuale e in cosa consistono queste alterazioni? Innanzitutto bisogna ricordare che il sesso è molto di più di un semplice atto fisico e che include anche la dimensione psicologica ed emotiva del soggetto; semplificando, l’atto sessuale può essere suddiviso in 4 fasi successive: desiderio, eccitazione, orgasmo e risoluzione; tutte queste fasi sono facilitate o inibite da complesse interazioni tra neurotrasmettitori ed ormoni.
In generale si può dire che il meccanismo d’azione degli SSRI e degli SNRI è quello di bloccare il rientro dei neurotrasmettitori (in particolare serotonina e noradrenalina) nei neuroni che li hanno liberati, determinando un aumento della disponibilità del recettore nello spazio sinaptico.
Poiché la maggior parte degli antidepressivi modifica la concentrazione della serotonina è generalmente accettato che elevati livelli di questa diminuiscono la funzionalità sessuale: le terminazioni nervose serotoninergiche inibiscono il rilascio cerebrale di dopamina e noradrenalina, cioè dei due neurotrasmettitori che danno vita alle fasi di desiderio ed eccitazione dell’atto sessuale.
Inoltre l’ 80% della serotonina è localizzata a livello periferico dove, se elevata, agisce negativamente sull’erezione, sulla lubrificazione vaginale, sull’eiaculazione e sull’orgasmo. Per di più la serotonina inibisce il rilascio di ossido nitrico che fisiologicamente ha una azione vasodilatante funzionale all’apporto di maggiori quantità di sangue agli organi sessuali durante un rapporto.
Il Sistema Nervoso Autonomo invece regola l’aspetto più prettamente meccanico dell’atto sessuale e per farlo utilizza acetilcolina e noradrenalina: molti antidepressivi inibiscono l’azione di questi neurotrasmettitori e di conseguenza la funzionalità meccanica sessuale (principalmente erezione ed eiaculazione). Infine l’esposizione cronica agli antidepressivi può alterare la normale funzionalità del sistema neuroendocrino e determinare cambiamenti qualitativi e quantitativi degli spermatozoi e delle cellule ovariche.
La depressione è un problema di salute mentale estremamente comune per il quale il trattamento farmacologico rappresenta la terapia di scelta e nella stragrande maggioranza dei casi una necessità.
Perciò, alla luce di quanto esposto, diventa fondamentale affrontarne gli effetti indesiderati di tipo sessuale: trattare e gestire queste situazioni richiede un approccio interdisciplinare poiché i pazienti spesso accolgono con scetticismo rimedi esclusivamente farmacologici. A questo proposito ci sono comunque numerose evidenze di una minore incidenza di questi effetti in pazienti trattati con antidepressivi atipici come bupropione e nefazodone e di come il sildenafil (Viagra) possa comunque migliorare l’erezione anche in corso di terapia con SSRI. Dovranno però essere valutati in futuro trattamenti non farmacologici che sembrano particolarmente promettenti come la terapia cognitivo-comportamentale e alcuni rimedi omeopatici.
Alla base di tutto deve però esserci una attenta valutazione del problema nel singolo paziente, elemento che spesso manca e che compromette pesantemente il risultato della terapia e la qualità della vita del paziente. Per questa ragione il medico deve categoricamente superare il tabù dell’indagine della vita sessuale del paziente per offrirgli i migliori supporto e trattamento possibili. Questo eviterà infatti al paziente di trovarsi isolato, confuso e logorato, non solo dalla propria patologia e dai farmaci che assume, ma anche dall’impossibilità di vivere una relazione intima.

Mattia Bozzelli, studente di medicina.

Fonti: – Agnes Higgins, Michael Nash, Aileen M Lynch. Antidepressant-associated sexual dysfunction: impact, effects, and treatment. Dove Press Journal: Drug, Healthcare and Patient Safety. September 2010.