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dott. Giuseppe Montefrancesco

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Marijuana e dipendenza da oppiacei nei figli

Può  l’uso della marijuana provocare il rischio di dipendenza da oppioidi nei figli di consumatori abituali, anche se questa è abitudine e viene meno prima che i figli siano concepiti?
Gli scienziati di NIDA , rispondono che la risposta potrebbe essere si.

I ricercatori coordinati dal Dr. L.Y. Icahn della Scuola di Medicina di New York, hanno ipotizzato che la prole di ratti esposti al THC della marijuana, potrebbero aver ereditato un mutamento epigenetico (epigenetica) tale da modificare il loro successivo comportamento rispetto all’uso di eroina.
Un segnale epigenetico è un cambiamento ereditabile che non altera la sequenza nucleotidica di un gene, ma ne altera l’attività.
Questo è il principio che ha guidato la ricerca effettuata sulla prole generata da 2 gruppi di ratti: il primo esposto al THC, (gruppo 1 ), il secondo libero dalla sostanza (gruppo 2 ). Gli scienziati, per confermare la loro ipotesi, hanno escluso che i ratti femmina fossero esposti alla marijuana durante la gestazione, per cui hanno permesso l’accoppiamento con i maschi, dopo che nessuna traccia di sostanza fosse presente nel sangue o nel tessuto cerebrale dell’animale. Inoltre, per evitare che la componente ambientale influisse sull’esperimento e modificasse il comportamento dei giovani topi di entrambi i gruppi, li hanno allontanati subito dopo la nascita dai genitori e collocati in cucciolate miste. Sono stati somministrati 1,5 milligrammi di THC per kg di peso a giovani topi adulti sia maschi che femmine ogni 3 giorni per 3 settimane, dose che corrisponde alla quantità media consumata da un fumatore tipico di marijuana a scopo ricreativo. Dopo 4 settimane, hanno accoppiato i topi con le modalità precedentemente descritte. Quando i cuccioli di topo hanno raggiunto l’età adulta, è stato inserito nelle gabbie dei 2 gruppi, un dispenser, in grado di erogare, se premuto, eroina (30 microgrammi per kg di peso corporeo). L’auto-somministrazione di eroina è stata pressoché identica tra i 2 gruppi, tuttavia, quando i ricercatori hanno messo sotto stress i topi inducendoli a premere per 5 volte la leva del dispenser per ottenere la stessa dose di eroina, quelli del gruppo 1, sono stati disposti a sopportare  la fatica e hanno premuto la leva con frequenza 3 volte maggiore rispetto agli altri. Quando ai 2 gruppi è stata tolta l’eroina, i ratti figli di THC esposti , hanno evidenziato maggiori sintomi astinenziali, quali alterazioni motorie e maggiore tendenza a comportamenti ripetitivi. Il comportamento differiva anche nella socializzazione: i primi si sono dimostrati meno reattivi agli stimoli ambientali e di interazione rispetto ai secondi. A livello cerebrale studi elettrofisiologici ha dimostrato che i topi del primo gruppo mostravano un funzionamento neuronale alterato. Nello specifico si è verificata una depressione a lungo termine a livello delle sinapsi dei neuroni spinosi medi dello striato dorsale dell’encefalo. Questa porzione del cervello è coinvolta in diverse funzioni e processi cognitivi: regola l’apparato locomotore ed è importante nel sistema della ricompensa cerebrale. Il reward system (sistema della ricompensa) è un sistema complesso la cui funzione è quella di regolare la motivazione, la generazione di sentimenti e le sensazioni gratificanti; la ricompensa è in sostanza un  premio per l’esecuzione di comportamenti che favoriscono la sopravvivenza dell’individuo e della specie.

Per identificare i fattori epigenetici che potrebbero essere alla base delle differenze osservate nella prole dei topi THC-esposti, durante lo studio sono state dosate le concentrazioni del RNA messaggero (mRNA) . La formazione di mRNA è il primo stadio della sintesi proteica e i livelli di mRNA indicano quanta proteina viene prodotta in quel momento nell’organismo. Il gruppo 1 durante la crescita aveva livelli di mRNA più alti per i recettori del glutammato e per quelli dei cannabinoidi CB1 nello striato ventrale del cervello. L’attivazione dei recettori del glutammato coinvolge diverse vie metaboliche capaci di generare fattori ossidanti che contribuiscono a danneggiare le cellule cerebrali, mentre i recettori CB1 nel Sistema Nervoso Centrale sono coinvolti principalmente nelle funzioni cognitive complesse quali la capacità di giudizio, l’apprendimento, la memoria, le emozioni. Per contro, durante la fase adulta dei ratti, i livelli si sono notevolmente abbassati e la ridotta produzione dei 2 recettori, cioè l’espressione genica del cambiamento  fanno propendere per la veridicità dell’ipotesi epigenetica dovuta al consumo di THC.

In sostanza, possiamo dire che la ricerca ha dato prove certe?
L’idea che la trasmissione intergenerazionale di tratti complessi del comportamento dopo esposizione al THC possa predisporre all’uso di altre droghe, e nello specifico agli oppioidi, è da approfondire con ulteriori studi scientifici. Sono ancora molte le variabili non epigenetiche da osservare, certamente se l’uso di marjuana può causare effetti  cross-generazionali sull’uomo, l’importanza della prevenzione, in particolare rivolta ai giovani, diventa prioritaria.

Gabriella Franchini Fonte Nida by Sarah Webb Ph.D., Nida Notes